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Immagine del redattoreStefania Sedini

DAD...alcune riflessioni

Oggi condivido le risposte alle domande delle insegnanti dell'istituto Don Carlo S. Martino a Rigola di Besana Brianza con cui, insieme a dei colleghi, collaboro da un po'.

Sono delle domande che mi hanno posto rispetto alla DAD e ai cambiamenti che sta portando da un punto di vista didattico e relazionale...


1. Si può parlare ancora di una dimensione di classe?

Se si pensa alla dimensione classe non solo come qualcosa di oggettivo fatto da banchi, orari, strumenti e lavagne ma anche come all’immagine di classe simbolico-mentale che ognuno dall’alunno al docente ha dentro di sé.

Nei percorsi che propongo per le classi prime elementari osservo proprio come alla consegna “disegna la tua classe”, a inizio anno nella mente dei bambini la classe è quella fisica, l’aula insomma se non addirittura la scuola vista dall’esterno; a fine anno invece è molto più articolata, ci sono i loro compagni, le insegnanti, i colori, dei dettagli anche personali. Questo ci permette di ragionare su come la classe sia tanto oggettiva quanto soggettiva e proprio per questo può essere mantenuta viva anche nella DAD.

Come? Penso che, come per la didattica, anche in questo caso vadano un po’ sovvertite le idee e le modalità classiche per nutrire la dimensione del gruppo classe. Credo che un primo passo sia quello di chiedersi come docenti che cosa è il gruppo classe o la classe per voi, quali sono i vostri significati e quindi quale valore e senso date a questa dimensione. Questo permette poi di orientarvi sulle moltissime possibilità pratiche. Altro aspetto, che se è possibile farlo potrebbe dare suggerimenti utili, è chiedere proprio ai ragazzi e ai bambini la questione senza dare per scontato che a loro manchi o non manchi, lo sentano o non lo sentano. Chi meglio di loro può darci il rimando dei loro vissuti? Inoltre un altro aspetto che credo sia importante tenere presente è che ogni classe è un mondo a sé, ha i suoi alunni e le sue insegnanti, ha le sue risorse e le sue criticità, ha la sua storia insomma. Questo è importante da tener presente per individualizzare anche la classe virtuale e non cadere nella generalizzazione. A un livello pratico osservo che stanno funzionando ad esempio le letture con tutta la classe online oppure i momenti di “chiacchiera strutturata” in cui ad esempio si parla a catena raccontando qualcosa di sé, di bello o cosa si è fatto. Funzionano molto anche le merende online o momenti meno didattici e più relazionali anche brevi. Altre alternative sono delle strategie didattiche che permettono di attivare i singoli alunni verso la classe come dei giochi didattici che si possono fare in grande gruppo, preparare lezioni, preparare lavori da esporre o per i più grandi dei piccoli lavori di gruppo. Al di là dei suggerimenti pratici credo che un presupposto fondamentale sia aver chiaro dentro di sé cosa sia la propria classe reale e simbolica da cui pian piano si delineerà anche la vostra idea di classe virtuale e solo con la vostra creatività sarà possibile darle vita.

2. In che modo influisce sull’apprendimento il fatto che con la DAD ora la casa diventa l’unico ambiente fisico, educativo e didattico, diventa scuola?

Sicuramente influisce ma credo sia ancora presto dire in che modo, con quali conseguenze a breve e lungo termine, con che incidenza. Stando ai fatti, a quanto si osserva e a quanto si racconta non c’è un unico modo in cui la DAD sta influendo sull’apprendimento né come la cosa venga vissuta e interiorizzata in questa situazione. Ci sono però diversi elementi che sono in gioco e verso cui ci si sta confrontando in termini di cambiamento e adattamento. Un primo elemento credo sia la fascia di età, la DAD in prima elementare è ben diversa da quella condotta in quinta o alle scuole secondarie. Cambiano le capacità degli alunni, cambia la loro autonomia e con questo l’impatto che sta avendo nelle case, cambia anche la forma mentis con cui la si approccia. L’apprendimento richiesto alle elementari è un tipo di apprendimento ben diverso da quello delle scuole secondarie, le modalità stesse di fare lezione sono profondamente differenti e calibrarle online non è semplice. L’età influisce anche sulla percezione e il vissuto della casa e dello stare in casa tra quelle mura con la proprio famiglia. Per i più piccoli la casa è luogo di protezione, viaggiano con la fantasia e i genitori sono ancora visti come fonte di calore e averli tutto il tempo per sé è qualcosa di nuovo. In adolescenza invece la casa ha anche altri significati, per alcuni adolescenti è una prigione, per altri è una tortura, per altri è noia, la propria privacy diventa difficile da mantenere, avere un genitore che ti controlla con la scuola è strano e non vedere il gruppo dei pari è per molti una privazione forte. Questo se si sta sui generis ovviamente perché in realtà ogni bambino, ogni ragazzo è una persona a sé stante che starà dando a questo periodo, alla DAD e alla casa un senso proprio e unico. Un secondo elemento è il connubio luogo e tempo. Ogni scuola si è organizzata per come ha creduto e potuto rispetto alla proposta DAD e ogni famiglia ha risposto di conseguenza con la propria realtà, la propria disponibilità e questi due aspetti hanno influito sul messaggio che si è passato agli alunni. Alunni che di colpo si sono trovati con un tempo vuoto, loro abituati ad avere agende piene come quelle dei manager tra scuola, sport, terapie, attività extracurriculari, amici etc. hanno dovuto fare i conti con la noia, con il non fare, con il dover inventare in un tempo prolungato e in uno spazio ristretto nuove modalità di stare. Questo anche per la didattica, la propria scrivania o il proprio tavolo sono diventati il banco, lo schermo è diventato l’aula e quella maestra o quella prof che prima entrava mi guardava, si spostava, veniva chiamata fuori per questioni urgenti ora è lì, dietro allo schermo e di fianco non ci sono i compagni per scambiarsi un’occhiata o una battuta, si sta lì. Questo tempo e questo spazio modificato credo che, se colti, possano dare veramente tanto, possano essere spunto per approfondire, per entrare in relazione in modo diverso proprio grazie allo schermo. Un terzo elemento è il legame tra emozioni- relazioni. Le emozioni e le relazioni come si sa influiscono sull’apprendimento e la scuola è teatro emotivo-relazionale per eccellenza con tutte le sfumature personali e sociali che intervengono e si creano. Il fatto che ora la scuola sia a casa non significa che questo bagaglio relazionale e vissuto emotivo non vi sia, anzi! Le emozioni in questo periodo sono più che mai attivate e complesse in ognuno di noi anche nei più piccoli. La paura e il timore per un’interrogazione, la vergogna dello schermo, la gioia di rivedere il viso di compagni e insegnanti, la noia di ascoltare, la fatica di stare seduti, il timore di quello che succede intorno, il fastidio che i genitori siano presenti all’interrogazione e molte altre. Le relazioni sicuramente son diverse, sono mediate dallo schermo ma non per forza questo deve portare a un distacco o ad un impoverimento, si può, lavorando insieme tener vivo il relazionale anche con lo schermo e anche a casa. Ricordiamoci sempre che gli alunni su questo ci possono aiutare, loro sono dei nativi digitali, con lo schermo ci sono nati e questa può essere un’occasione per unire le loro conoscenze alle nostre, per trovare un linguaggio comune e imparare insieme qualcosa di nuovo. Tener presente quindi che emozioni e relazioni ci sono anche nella DAD è un valore aggiunto sia in termini di apprendimento sia in termini relazionali e umani, Non credo ci si possa sbilanciare ora sul dire in termini assolutistici come cambia l’apprendimento e non so neanche quanto senso abbia dato che la realtà scolastica italiana oggi rispetto agli apprendimenti è molto sfaccettata, si parla sempre più di didattica personalizzata e quindi mi chiedo se questa situazione non può essere veramente occasione di questa personalizzazione più che mai possibile. Lezioni in piccolo gruppo, lezioni singole, possibilità di tempi differenti e strumenti diversi. Certo è complesso e faticoso da parte di tutti, da parte delle insegnanti che stanno lavorando a volte il doppio, delle famiglie che si son ritrovate a entrare con mani e piedi nel mondo della scuola e degli alunni -loro nativi digitali- che seguono in modo più o meno critico quanto proposto. Un’ultima riflessione in merito credo che sia utile farla, come semplice spunto provocatorio, chiedendosi in primis noi adulti cosa sia tutto questo. Cosa è la didattica e cosa è apprendimento? Cosa vuol dire insegnare dalla propria casa? Che senso ha per me lo schermo? Io penso che questo periodo storico e sociale, uscendo dall’idea classica di didattica, possa essere veramente occasione di apprendimento e di crescita qualitativa e non quantitativa per i nostri ragazzi e per noi.

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