"Papà quando posso uscire?"
"Maestra quando ricomincia la scuola?"
"Infermiera ma guarirà?"
"Dottoressa ma come reagirò?"
Non lo so.
Questa è la risposta che in questi mesi si è data alle domande degli altri ma, in fondo, anche alle nostre.
Il non sapere, l'incertezza, il navigare a vista sono diventati le sfide con cui si ha avuto a che fare e che hanno in qualche modo rivoluzionato per alcuni il proprio mondo.
Il non sapere ma soprattutto l'ammetterlo a sè stessi e agli altri è un qualcosa che, in un'epoca dove per avere delle risposte basta un click, non era per nulla scontato e può far sentire fragili e sospesi.
Rendersi conto di non avere risposte, di non sapere ci pone in una posizione nuova, umana ma non sempre considerata perchè, diciamocelo. in una vita dove tutto è programmato, di corsa e alla portata di mano, fermarsi e accorgersi di star vivendo un passaggio storico "impensabile" può far paura.
Ammettere di non sapere porta a dover aver a che fare con l'incertezza e quella sensazione di non avere il controllo, di non poter organizzare, prevedere, gestire perchè non si sa.
In questo periodo le domande sono state, e sono tuttora, numerose, domande pratiche, domande di senso, domande esistenziali a cui si aspetta che ci sia qualcuno che possa dare risposta.
Oggi forse però quello che stiamo toccando è che le domande sono più importanti delle risposte. Una domanda dice di sè, delle proprie angosce, delle paure, dei desideri e delle speranze. Una domanda, seppur semplice, porta con sè quello che siamo noi. Forse lasciarla aperta, senza trovare a tutti costi una risposta adeguata ci può permettere di trovare, nel tempo, la nostra.
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