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Immagine del redattoreStefania Sedini

Riprendere.



Sono passate ormai delle settimane da quando è iniziata la fase della riapertura, del poter riprendere la propria quotidianità, il "prima" di tutto questo. Di questo periodo, di questa cosa enorme che ci ha fatto fermare su certi versi ma lavorare su altri, che ci ha, volenti o nolenti, fatto mettere in gioco delle certezze e delle routine assodate si è detto tanto.

Si sono fatte ipotesi, deduzioni, si è parlato di sindrome della capanna, di ansia da ritorno e molto altro.


Credo che però, in una situazione del genere dove sono state toccate le corde profonde dell'essere umano, dove per quanto insieme come popolo poi ognuno ha affrontato e vissuto il periodo per come è, sia riduttivo inquadrare in una cornice il vissuto emotivo e psichico di questo passaggio.

Forse si potrà dire e etichettare tra un po' di tempo, quando avremo una certa distanza anche personale, ma oggi, oggi ciò che possiamo fare è viverlo per come siamo e per come possiamo provando a trarne quanto più possibile.

Oggi forse possiamo provare ad astenerci dalla necessità di dare un nome, un'etichetta e provare invece a conoscerci e stare in questa complessità emotiva, relazionale fatta di paure, desideri, speranze, progetti, stop, lutti, riscoperte e molto altro.

Forse più che riprendere dobbiamo "semplicemente" continuare.

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